Da Cassa Padana, borse di studio a giovani studiosi del paesaggio
Si è conclusa all'Istituto Cervi di Gattatico, Reggio Emilia, la tredicesima edizione della Scuola di paesaggio Emilio Sereni
Ha almeno dieci anni la collaborazione fra Cassa Padana e l'Istituto Cervi di Gattatico, in provincia di Reggio Emilia. Un sodalizio passato attraverso numerose iniziative, delle quali vale la pena ricordare il portale di Memorie in Cammino che riunisce oltre un migliaio fra documenti e interviste video del periodo che va dall'avvento del fascismo alla Liberazione. Una collaborazione che è diventata ancora più feconda grazie alla presenza di un collega di Cassa Padana, Fabio Tambani, in seno al Consiglio nazionale dell'istituto reggiano.
Il nostro sostegno al Cervi si è concretizzato in questi giorni anche con l'assegnazione di alcune borse di studio a giovani studiosi che la settimana scorsa hanno seguito la 13a edizione della "Scuola di paesaggio Emilio Sereni".
La Scuola di Paesaggio intitolata a Emilio Sereni, importante storico del paesaggio agrario italiano, è una delle più consolidate esperienze formative sui temi paesaggistici e si propone quale sede di elaborazione di linee strategiche per il governo del territorio.
Allestita nella sede dell’Istituto Cervi, dove è conservato anche il patrimonio librario e archivistico di Sereni, costituisce una feconda occasione d’incontro fra università, scuola e governo del territorio.
Con una impostazione pluridisciplinare, la Scuola da 13 anni si rivolge a coloro che sono impegnati nei diversi campi dell’istruzione e della formazione, della ricerca, dell’amministrazione pubblica, delle professioni, dei musei e dell’associazionismo culturale e ambientale.
L'edizione di quest'anno, dedicata al “Paesaggio delle aree interne”, ha riguardato la parte più estesa del territorio italiano, quella delle colline e delle montagne, dei fiumi e delle paludi, cioè tutte quelle realtà essenzialmente rurali che sono state marginalizzate dal processo di sviluppo dell’età contemporanea e che oggi tornano alla ribalta come contenitori di patrimonio, risorsa per il futuro e ambiti di sperimentazione di un nuovo rapporto tra uomo e natura, a sua volta generatore di paesaggio, di economia, di società.
Il declino delle aree rurali e interne è cominciato presto, è ancora in corso e si riflette nel paesaggio.
Emilio Sereni aveva colto la portata di questa grande trasformazione parlando, già negli anni ’50, di “preludio alla disgregazione del paesaggio agrario” collegata alla diminuzione della superficie coltivata, del pascolo e delle pratiche boschive, allo spopolamento di interi villaggi e all’abbandono dei poderi in ogni provincia italiana “specie nella montagna e nell’alta collina”.
Era, allora, un processo inverso e per molti aspetti speculare rispetto al nascente boom economico, con forti migrazioni interne (e non solo) verso le città, le coste e i poli industriali. In questo senso hanno agito in modo convergente fattori di attrazione urbana e di espulsione rurale, fattori economici e fattori socioculturali con l’affermarsi di nuovi stili di vita e di nuove forme di comunicazione.
Così, gran parte dell’Italia ha subito processi di abbandono e di spopolamento, di rarefazione sociale e produttiva, di degrado ambientale e paesaggistico, con il risultato che tanti luoghi sono stati lasciati soli e che abbiamo inconsapevolmente partecipato alla decostruzione del paesaggio, oppure contribuito a costruire un nuovo paesaggio, più informe e semplificato.
Si è venuta formando una grande periferia italiana come contraltare dei fenomeni di urbanizzazione e di litoralizzazione della popolazione e delle attività produttive.
La Scuola quest'anno si è occupata di questi territori progressivamente marginalizzati, non solo della montagna e della collina interna, o dei fondovalle secondari; non soltanto delle aree pilota individuate come “interne” dalla SNAI (Strategia Nazionale Aree Interne) definite in base alla collocazione geografica e agli indicatori di accessibilità, ma anche dei borghi rurali e delle zone pianeggianti dimenticate, quelle dove si è assistito ad una perdita di importanza del patrimonio territoriale (naturale, agrario, architettonico, materiale o immateriale) accumulato nella storia.
La lettura dei caratteri e delle trasformazioni paesaggistiche, così come l’analisi della situazione attuale e la messa a fuoco delle prospettive future in termini di pianificazione e di una possibile rinascita territoriale, sono stati i contenuti di fondo delle lezioni e dei laboratori, con l’obiettivo di contribuire alla la riconversione ecologica del Paese, per la quale proprio le aree interne potranno rappresentare luoghi di elaborazione e sperimentazione di buone pratiche per lo sviluppo sostenibile, per un’economia circolare dove le sfide del lavoro, della transizione energetica e della produzione di beni e servizi ambientali non siano in contrapposizione e dove l’impronta ecologica sia più accettabile.
Nella foto il collega Fabio Tambani mentre consegna una delle borse di studio.