29 agosto 2022
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Le frontiere del lavoro, fra casa e ufficio

Da  Banca d'Italia uno studio che affronta la questione del lavoro nel dopo pandemia

Smart Working

Incertezza, innovazione, velocità del cambiamento sono tre aspetti che caratterizzano una vera e propria rivoluzione culturale, innescata dalla pandemia da COVID19. L’esperienza emergenziale ha mostrato che i principali strumenti a cui far ricorso sono la flessibilità e lo spirito di adattamento. Questo è vero per tutte le aziende del nostro paese.

L'esperienza di lavoro in Banca d'Italia durante la pandemia da Covid19 e le scelte successive sono alla base di uno studio sul lavoro in quest'epoca così complessa e per certi versi inedita.

Prima della pandemia da COVID19, in Banca d'Italia - così come in tutte le banche italiane e nel complesso buona parte delle aziende - il lavoro a distanza non era molto utilizzato.

Nel 2019 la quota effettiva di giorni di lavoro da remoto era pari a circa il 4% del totale dei giorni lavorati nell’anno. Ma con lo scoppio della pandemia l’utilizzo di questa modalità ha subito una brusca accelerazione: nel 2020 il personale ha lavorato da remoto in media per quasi il 60% delle giornate lavorative, con picchi del 90% durante il primo lockdown di marzo 2020.

Le persone e, nel complesso, il sistema organizzativo hanno mostrato una grande capacità di adattamento, impensabile fino a quel momento che ha costituito una forte discontinuità sia nella vita quotidiana sia nelle relazioni di lavoro.

In questo contesto, essenzialmente privo di modelli rodati, nasce la decisione di muovere verso una nuova modalità di lavoro, che preveda la possibilità di lavorare da remoto e in presenza: una scelta chiara con la quale Banca d'Italia vuole imprimere una netta spinta verso l’innovazione non solo da un punto di vista tecnologico-digitale, ma anche, e forse soprattutto, organizzativo.

Una vera “rivoluzione”, perché anche in banca si tratta di rivedere in modo coerente e consistente i (micro)processi operativi, alla luce di un proficuo equilibrio tra le diverse modalità di lavoro.

Se durante la pandemia il ricorso generalizzato al lavoro da remoto ha consentito alle banche italiane di mantenere un soddisfacente livello di efficacia e di efficienza della propria azione, una nuova modalità di lavoro “ibrida” potrebbe essere lo strumento principale per “andare oltre” quel risultato, migliorando il più possibile la performance della compagine aziendale.

In questa direzione si è mossa Banca d'Italia.

Con gli accordi di dicembre 2021, la Banca e le organizzazioni sindacali hanno disegnato un insieme di regole e norme di comportamento che cercano di aiutare i responsabili delle strutture e, più in generale, tutta la compagine aziendale a individuare un assetto organizzativo che vada incontro alle esigenze delle persone e dell’azienda.

In questo contesto, il nuovo modello di lavoro si configura come uno strumento che le risorse umane a ogni livello devono utilizzare per migliorare benessere personale e performance aziendale. 

La nuova modalità di lavoro, per l'appunto ibrida, è soltanto un primo passo, per quanto importante, verso l’assetto organizzativo del futuro.

Come in tutti gli altri enti pubblici e privati, l'organizzazione del lavoro nelle banche si presenta come un gigantesco rompicapo, un puzzle, per il cui completamento occorre uno sforzo corale.

Nel caso di Banca d'Italia, l’esperienza maturata prima con l’emergenza da COVID19 e poi con l’adozione delle nuove modalità di lavoro costituisce un valido aiuto e il punto a cui appoggiarsi per individuare nuove soluzioni.

Conclude così lo studio: "Il finale del film “La forma dell’acqua” di Guillermo del Toro è emblematico: la creatura ibrida, che all’inizio appare mostruosa, rivela tratti inaspettatamente positivi e la donna che l’ha salvata decide di seguirla abbandonando la sua vecchia e insoddisfacente esistenza a favore di una nuova vita “ibrida”.

 

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